Ddl cittadinanza:  la Camera dà il via libera a uno ius soli 'temperato', ora il testo va al Senato

IUS SOLI MA…..
di Giorgio Roversi, dip. Migranti CGIL Lombardia (15 ottobre 2015)

Khaled e Salim sono nati in Italia e frequentano la scuola primaria. Condividono giochi con i loro coetanei italiani, parlano italiano con la cadenza del dialetto locale. Non hanno nostalgia del paese di origine dei loro genitori che non hanno mai visto. Si sentono italiani e vorrebbero esserlo.
Ma al momento di richiedere la cittadinanza italiana con la legge approvata nei giorni scorsi alla Camera le loro strade si divideranno.
Khaled ha un genitore con un permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti è quindi avrà diritto a richiedere la cittadinanza italiana.
Salim ha i genitori con un regolare permesso di soggiorno che rinnovano ogni anno e il padre ha avuto attività lavorative discontinue e un permesso per attesa occupazione.
In sostanza quello che la nuova legge sulla cittadinanza ci propone è che i minori potranno avere la cittadinanza solo se almeno uno dei genitori ha un reddito, un alloggio idoneo e un lavoro.
Pensavamo che fosse sufficiente essere in regola con le norme per il soggiorno nel nostro paese e invece ancora una volta ai giovani figli di immigranti un diritto viene condizionato da requisiti che non dipendono da loro ma dalla condizione dei loro genitori creando discriminazioni tra bambini e ragazzi stranieri.

Un particolare attenzione merita anche l’introduzione della cittadinanza per “ius culturae”.
Un ragazzo o una ragazza che entra in Italia prima del compimento della maggiore età deve frequentare regolarmente un ciclo scolastico e conseguire “il titolo conclusivo presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema di istruzione nazionale”.
Certamente una opportunità ma legarla al raggiungimento di un titolo di studio di scuola primaria o al conseguimento di una qualifica professionale in un percorso di formazione professionale rischia di limitare l’accesso al diritto alla cittadinanza.
Chi ha scritto la nuova legge sa benissimo quali sono oggi le difficoltà che incontra un minore che entra in Italia e accede ad un corso di istruzione. I tassi di insuccesso scolastico sono più alti rispetto agli studenti italiani. Gli investimenti nella scuola per favorire i percorsi di istruzione ai futuri nuovi cittadini sono scarsi, cosi come le risorse investite in tal senso. 

Meglio sarebbe stato limitare la richiesta di cittadinanza ad una regolare frequenza di un ciclo di istruzione perché con la nuova legge chi viene bocciato a scuola è rimandato in cittadinanza.
E’ innegabile che un passo avanti è stato fatto rispetto alla norma dello “ius sanguinis” ma l’auspicio è che il Senato in seconda votazione elimini quegli elementi che generano discriminazioni.

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