VENTIMILA VITTIME FRA I MUSULMANI "CI SIAMO ANCHE NOI"
LA STAMPA martedì 17/11/2015
Gli islamisti fanno soprattutto strage nei loro Paesi E là i filo-occidentali si sentono soli. Anche sul Web
GIORDANO STABILE
Hollande l'ha detto nel suo discorso di ieri. Non è uno scontro di civiltà. Perché l'estremismo jihadista non ha niente di civile. I Paesi musulmani lo ripetono ogni volta. «Le prime vittime del terrorismo islamista siamo noi». I numeri danno loro ragione. I morti islamici per mano di islamisti, soltanto nel 2015, sono oltre ventitremila. I morti in Europa in attacchi jihadisti sono 148 (Parigi, Copenaghen, Parigi). Più i 224 russi uccisi sul Sinai nell'attentato al volo da Sharm el Sheikh a San Pietroburgo e i turisti occidentali al museo del Bardo di Tunisi (21) e sulla spiaggia di Sousse (38). Centinaia di vittime innocenti che ci stracciano il cuore. Ma dall'altra parte ce ne sono decine di migliaia (24.517 nel 2014 nei Paesi a maggioranza islamica, secondo il Gtd) che passano e scompaiono rapida mente nel flusso di notizie sui media occidentali.
Beirut come Parigi
I cittadini dei Paesi islamici, quelli più colti, che parlano lingue europee e ci seguono, si sentono feriti. I social media hanno accentuato questo senso di differenza di trattamento. Da venerdì, su Twitter, il dibattito fra analisti e blogger del mondo musulmano gira attorno a questo. Da Beirut la reporter televisiva Jenan Moussa ha cominciato a postare le foto delle vittime, 44, degli attacchi kamikaze condotti dall'Isis il giorno prima di Parigi, con gli stessi gilet imbottiti di esplosivo e bulloni di Parigi. Studentesse, bambini, padri di famiglia. E si chiedeva perché non avessero lo stesso impatto di quelle che arrivavano dalla Francia.
Certo. Quando il nemico ti colpisce in casa è diverso. Libano, Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan sono percepiti in Europa come lontani e in guerra permanente. Ed è vero che il grande conflitto civile fra sciiti e sunniti,
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