DISPERATI DELLA TERRA
da:LEFT
martedì28/04/2015
di Umberto De Giovannangeli
Processo all'Europa. All'ipocrita diplomazia delle lacrime. Vengono da Libia, Nigeria, Siria, Zambia, Eritrea, Mali, Somalia. In fuga dalla guerra, trovano la morte nel nostro Mediterraneo

Processo all'Europa. Alla ipocrita diplomazia delle lacrime, ai vertici "straordinari" che di "straordinario" non producono mai nulla. Processo alla retorica inconcludente dell'' ora è troppo'; "ora bisogna passare ai fatti", "queste tragedie non devono più accadere". Processo alle false autocritiche, alle frasi roboanti buone per un titolo di giornata, amplificate da un'informazione "smemorata" quanto ossequiante, che non fa nemmeno la fatica di ricordare che le stesse frasi, gli stessi riti, gli stessi impegni (mai mantenuti) erano stati reiterati dopo ogni strage di innocenti consumatasi nel "mar della morte", il Mediterraneo. Si aggiornano le statistiche mortuarie, ma a quei numeri non si abbinano mai volti, nomi, storie. La tragedia fa notizia per le sue dimensioni, l'"'ecatombe senza precedenti", non per le responsabilità politiche che sottendono a queste stragi annunciate. I morti non sono tutti uguali. Nel giorno in cui si consumava a Parigi il sanguinoso attacco contro Cliarlie Hebdo, in Nigeria i jihadisti di Boko Haram massacravano centinaia di persone, tra cui molti bambini, rapivano ragazze per fini di stupro, per darle in premio ai nurjiliaddin distintisi nelle azioni terroristiche. Quei morti non hanno '"fatto notizia', e quando riescono a ottenere udienza sulle pagine dei giornali della civile Europa, e della "tollerante" Italia, è solo perché le vittime hanno una coloritura religiosa a noi più affine.
Così è. E lo è ancor di più da noi, nella "Repubblica delle chiacchiere". L'Italia che rifiuta per Costituzione la guerra, salvo poi accodarsi alla Francia di Sarkozy nel portare la guerra in Libia, una guerra che nulla aveva a che fare con l'ingerenza umanitaria, e tanto, tutto, con l'accaparramento delle risorse petrolifere. Quella guerra ha trasformato la Libia in uno "Stato fallito" alle porte dell'Italia, una terra di nessuno dove imperversano trafficanti di uomini che moltiplicano a dismisura il proprio fatturato (34miliardi di dollari all'anno),
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