L'ACCESSO (NEGATO) DEGLI STRANIERI AL PUBBLICO IMPIEGO
http://www.altreconomia.it di Duccio Facchini - 26 agosto 2015
Dal 2013, la legge prevede la parità di trattamento per una serie di categorie di stranieri -comunitari e non-, che devono essere ammesse a concorso pubblico, alle stesse condizioni degli italiani. Eppure diverse amministrazioni pubbliche del Paese continuano a confezionare bandi discriminatori, anche in forza di un superato decreto del 1994. La denuncia dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione
Il dibattito sulle nomine dei nuovi direttori dei musei italiani da parte del ministro dei Beni culturali Franceschini ha preso nei giorni scorsi quella che lo storico dell’Arte Tomaso Montanari ha definito la “peggiore delle pieghe”, e cioè “quella del surreale scontro sugli 'stranieri’”.
“Provincialismo xenofobo” e “provincialismo esterofilo” (sempre Montanari) non soltanto hanno scavalcato l’analisi del merito delle scelte, ma hanno anche nascosto un’altra questione importante. E cioè quella dell’accesso degli stranieri al pubblico impiego: dapprima negato a tutti i non comunitari e poi, dopo l’apertura agli stranieri, fortemente limitato ripescando un decreto ministeriale del 1994 (il 174) che estende a dismisura i posti di lavoro comunque vietati agli stranieri perché espressione di una “potestà pubblica”. Un decreto più volte superato dalla legge e dalla giurisprudenza comunitaria, che nel settembre 2014 -tramite la Corte di giustizia europea- è tornata a vietare le limitazioni poste all’accesso al pubblico impiego. La confusione è tale però che molte amministrazioni pubbliche del Paese continuano a negare diritti riconosciuti da tempo.
Lo sa bene l’avvocato milanese Alberto Guariso, socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che, da anni, con il“servizio antidiscriminazione”, batte a tappeto i bandi pubblici per assunzioni nella PA, scontrandosi di frequente con una “nozione ottocentesca” di quest’ultima. Che talvolta va contro la legge.
“Dal 2013 -spiega infatti ad Ae Guariso-, la norma (L. 97/ 2013 che ha modificato il decreto legislativo 165 del 2001, ndr) dice chiaramente che una serie di categorie di stranieri devono essere ammesse a concorso pubblico, a parità di condizione con gli italiani e quindi ovviamente a patto di avere i titoli. Si tratta dei rifugiati, dei familiari stranieri di cittadini comunitari o italiani e dei lungosoggiornanti, cioè coloro che hanno un permesso di soggiorno permanente. Tutti questi che ho appena elencato rappresentano più del 50% degli stranieri residenti in Italia”.
Che cosa succede invece? “Parecchie amministrazioni non rispettano questa norma, confezionando bandi in base a modelli antecedenti al 2013, dove risultano ammessi solo i cittadini e i comunitari”. È a quel punto che interviene il servizio antidiscriminazione. “Quando riusciamo ‘martelliamo’, scrivendo una lettera che reca i riferimenti di legge.
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