IMMIGRATI O PROFUGHI? LA CONFUSIONE CONTINUA! – DI Giovanni Longu
www.aise.info/ 23/06/2015
BERNA\ aise\ - La questione dei profughi in fuga dai teatri di guerra e dalle regioni in cui la fame e la miseria uccidono non meno delle guerre rischia di diventare ingestibile, soprattutto in Italia, anche perché le idee al riguardo sono molto confuse e senza prospettive. Lo si vede anche dalla terminologia utilizzata in Italia persino negli interventi ufficiali. Si parla indifferentemente di “migranti”, “profughi”, “richiedenti asilo”, “persone che scappano dalla guerra”, di “emergenza umanitaria”, ecc. e non si parla mai delle fasi successive a quella della prima accoglienza.
Confusione deleteria
Trovo anzitutto deleteria la confusione terminologica. Finché si continua a parlare di migranti ci sarà sempre qualcuno che obietterà che in questo momento in Italia non ce n’è bisogno perché “non c’è lavoro nemmeno per gli italiani”, “non si possono privilegiare gli extracomunitari rispetto ai cittadini disoccupati”, «”no Stato non può garantire vitto e alloggio gratis a chi riesce a metter piede in Italia, quando ci sono tanti italiani sfrattati, senza alloggio, senza reddito, che vivono in stato di povertà, costretti ad affollare le mense della Caritas” e altre obiezioni simili.
Spesso poi, si sa, dalle parole si passa ai fatti e i “migranti” vengono respinti, isolati, emarginati, trattati come gli appestati di una volta, sfruttati, ma anche assoldati dalla malavita e dal crimine organizzato. Questo in Italia. A livello europeo si va anche oltre. Qualche Stato, come l’Ungheria, pensa di blindare le frontiere con muri alti quattro metri, altri Paesi intensificano i controlli alle frontiere bloccando chi non ha i documenti in regola, sorvegliano giorno e notte valichi un tempo non presidiati, dichiarano chiaro e tondo che “non possono” accogliere altri profughi perché ne hanno fin troppi.
È la prova provata che non si tratta di “migranti” nel senso abituale del termine. Tanto più che gli emigrati/immigrati sono quasi sempre “chiamati” e impiegati in attività lavorative per le quali la forza lavoro indigena è insufficiente, mentre i “migranti” che approdano a Lampedusa o sono soccorsi in mare nessuno li ha chiamati, anche se sono in cerca di un’occupazione.
Meglio chiamarli “profughi”
Gli emigrati/immigrati per motivi di lavoro, inoltre, sono assicurati, ogni Stato richiedente cerca di trattenerli, almeno finché c’è il lavoro, garantisce loro gli stessi diritti degli indigeni, e cerca di integrarli nella società in cui vivono. Quali Stati europei, invece, sono disposti a garantire ai “migranti” gli stessi diritti dei propri cittadini, a dare loro la possibilità di accedere liberamente al mercato del lavoro e, soprattutto, a integrarli? Quale Stato europeo ha adottato nei loro confronti una politica d’integrazione?
Ritengo pertanto preferibile non chiamarli più “migranti” nel senso di “emigrati/immigrati”,
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