INVESTIRE SUI MIGRANTI COME RISORSA PER IL NOSTRO FUTURO
di Alessandro Pansa
Corriere della Sera, 23 luglio 2015
Con la medesima lungimiranza con cui si è occupata della Grecia, l'Europa ritorna sul tema migranti. E su base volontaria - se qualcuno pensava fossimo un'Unione sovranazionale si era confuso - alcuni Paesi hanno graziosamente accettato di accogliere ben 32.000 dei quasi 200.000 profughi che si prevede sbarcheranno nel 2015.
D'altra parte, se fosse adagiata sul Mare del Nord anziché protesa nel Mediterraneo, anche l'Italia tenterebbe di allontanare l'amaro calice al grido di "ben altre sono le nostre priorità". Comportamento comprensibile ma sbagliato. L'Europa, fingendo di dimenticarsi che ci sono voluti tre secoli e qualche guerra per costruire un sistema di diritti, ha appoggiato - per interessi non confessabili - movimenti politici arabi cosiddetti "democratici".
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il problema, dunque, è nostro e l'indifferenza dell'Unione non ferma gli arrivi: dobbiamo cavarcela da soli. In gioco c'è la struttura sociale del Paese e, come ha ricordato Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera del 24 giugno, la sua identità. Forse l'unico modo è provare a trasformare questa tragedia in un'opportunità. Non per buonismo o solidarietà cristiana, che pure di questi tempi non guasta.
Ma per sano e costruttivo interesse. La popolazione italiana non cresce: il saldo demografico - la differenza tra nati e morti - del 2014 è stato peggiore di quello del 1917, quando gli uomini erano al fronte. Negli ultimi cinque anni, ricorda il Centro Studi Impresa Lavoro, sono emigrati 555.000 italiani, oltre il 40% dei quali al di sotto dei 34 anni. Un Paese anziano non lavora, non si paga il welfare, non investe, consuma male.
Non ha futuro. Facciamo un grande investimento su questo futuro, allora. Proviamo a far diventare veri cittadini gli immigrati. Secondo alcuni calcoli, per dare una prospettiva a queste persone - insegnare loro l'italiano, cos'è la legge e come si vive in un Paese occidentale, provvedere ad un tetto ed a un'assistenza sanitaria - occorrono mediamente poco più di 30 mila euro a testa. Se li avessimo spesi per gli arrivi degli ultimi tre anni l'investimento sarebbe stato circa di 15 miliardi, per avere cinquecentomila italiani - ed europei - in più.
E avremmo dato un senso al sacrificio di risorse che impegniamo - con l'aiuto in mare e l'accoglienza a terra - in attività valorose ma, ahimè, sterili, perché manca un seguito all'altezza. Le obiezioni sono numerose. La prima: non ha senso.
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