I FANTASMI DA SCACCIARE NELL'ISLAM ITALIANO
di Goffredo Buccini
Corriere della Sera, 14 dicembre 2015
L'Islam italiano è da tempo un paradosso. Seconda religione per numero di fedeli (gli islamici sono almeno un milione e seicentomila e nel 2030 potrebbero essere tre milioni, ovvero il 5 per cento della popolazione), unica religione non riconosciuta tra le principali praticate in Italia. L'Islam non ha con lo Stato un'intesa che traduca in norme la libertà di culto garantita dalla nostra Costituzione. La ragione primaria di questo vuoto sta nell'estrema difficoltà a trovare tra gli islamici un interlocutore che parli a nome dell'intera comunità: l'orizzontalità del sistema di culto e la litigiosità di leader che senza tregua si sconfessano a vicenda portano a un'inconcludenza mai superata, neppure dal tentativo dell'allora ministro Giuseppe Pisanu con la sua Consulta per l'Islam italiano del 2005.
La ragione accessoria sta forse in un riflesso inconfessabile verso una fede che in passato ha fatto da propellente a invasioni e conquiste e ora viene brandita abusivamente come vessillo dal terrorismo assassino. Tuttavia la storia non cammina a ritroso e fingere che così tanti italiani di quella fede non esistano è, prima che sbagliato, controproducente. Nel vuoto e nella nebbia i pericoli crescono. Le "moschee" in Italia sono un migliaio: le virgolette qui sono indispensabili perché di esse solo quattro hanno il tratto architettonico della moschea e altre quattro sono luoghi di culto riadattati. Per il resto si utilizzano garage, cantine, ex magazzini.
Senza sicurezza né dignità, con imam spesso improvvisati (i cosiddetti "fai-da-te"). Non ci vuole uno stratega per capire che il primo passo è fare emergere anche fisicamente questo magma di anime e aspettative. Appare contraddittoria la posizione di chi, tra i politici, invoca a ragione albo degli imam e sermoni in italiano sobillando però ogni volta,
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