“CALIFFATO E JIHADISTI SONO SOLO TERRORISMO” NELL’ISLAM D’ITALIA 9 SU 10 CONTRO L’IS
Ricerca della Fondazione Moressa: il 3 per cento giustifica i metodi di al-Baghdadi, l’1 per cento sostiene i foreign fighters. “La comunità è nettamente contro le violenze ma chiede più tutele e integrazione”
La Repubblica 29 giugno 2015
VLADIMIRO POLCHI
ROMA. «L’Is è un gruppo terroristico ». Ovvio? Non proprio, se a dirlo sono i musulmani d’Italia. E non si fermano qui: «I foreign fighters tradiscono l’islam» e «il rischio attentati in Italia è molto basso». Se li ascolti, gli islamici di casa nostra ti rassicurano: moderati e ostili a ogni deriva integralista. Non senza ombre, però. Per loro, l’Italia non garantisce la piena libertà di culto, né una vera integrazione. Insomma, il nostro Paese rischia di trasformarsi in una fabbrica di tensioni.
Mentre le cronache inseguono gli ultimi attentati targati Is, la fondazione Leone Moressa ha realizzato per Repubblica un’indagine per comprendere l’opinione dei musulmani in Italia: un esercito di un milione e 600mila fedeli. Oggi, infatti, circa un terzo degli immigrati è di fede islamica. Le nazionalità più rappresentate sono la marocchina ( circa 450mila presenze), l’albanese (300mila) e quella del Bangladesh (100mi-la): «Si tratta di comunità radicate nel nostro Paese da molti anni — scrivono i ricercatori della Moressa — ben inserite nel tessuto socio-economico locale ». Il sondaggio intercetta anche molti giovani musulmani di seconda generazione e di
cittadinanza italiana.
Ebbene, cosa pensano?
Le criticità, innanzitutto: il 63% ritiene che la propria libertà di culto in Italia non sia garantita. Per questo chiedono una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica (molto importante per l’80,8% degli intervistati) e la costruzione di moschee (il 76,5%). Solo una minoranza (il 34,6%) fa autocritica e ritiene necessario formare i musulmani stessi al rispetto delle leggi italiane. Non solo. Appena un quarto degli intervistati (26,6%) ritiene che gli islamici siano ben integrati, mentre la maggior parte denuncia una scarsa integrazione e addossa le colpe alla «scarsa apertura della società italiana ».
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