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PIÙ MIGRANTI SIGNIFICA MAGGIORE DISOCCUPAZIONE? di Tino Oldani Italia Oggi, 29 agosto 2015 Non è vero, ma il governo balbetta di fronte alle bufale di Salvini e Grillo. Anche gli italiani sono stati un popolo di migranti. E hanno raggiunto un record mondiale. Tra il 1861 e il 1965) sono espatriati più di 27 milioni di italiani, una cifra enorme se rapportata alla popolazione media di quegli anni, 40 milioni. In un secolo è emigrato il 68% della popolazione italiana, più dei due terzi, soprattutto dalle Regioni del Sud, ma anche da alcune del Nord, come il Veneto. Sono della ricerca dell'economista Nicola Cacace, di cui ho scritto ieri. Cacace li ha messi in ordine, ricavandole dalle statistiche storiche dell'Italia dal 1861 al 1965: "Anche tenendo conto dei rimpatri del periodo, circa 7 milioni, rimane che in un secolo più della metà della popolazione italiana è espatriata definitivamente. Un record mondiale, se non fosse che un paese più piccolo e allora altrettanto povero, l'Irlanda, con 4 milioni di abitanti, ci ha superato, avendo espatriato solo negli Usa 5 milioni di irlandesi". Di fronte a questi numeri, la memoria corta non può essere una scusa per nessuno. Tanto meno per chi, da Matteo Salvini a Beppe Grillo, alimenta una quotidiana cagnara politica contro gli immigrati. È gente che, come gli italiani dell'Ottocento, scappa dalla miseria, dalle guerre e dalle persecuzioni: un flusso crescente, passato da 154 a 232 milioni di esseri umani in poco più di vent'anni, pari al 3,2% della popolazione mondiale. Un'onda che, negli ultimi mesi, è diventata impetuosa nell'area del Mediterraneo, ma gestibile, come ha detto Angela Merkel. Purché tutti i Paesi interessati facciano la loro parte con solidarietà e rigore, allestendo i centri di identificazione e di prima accoglienza così da separare in poco tempo i meritevoli di asilo politico e rispedire indietro gli altri. Un assist per l'Italia, ma anche una sveglia politica, visto che finora i tempi lunghi della burocrazia italica consentivano all'80% dei migranti di squagliarsela verso l'Europa del Nord prima delle identificazioni. Il fenomeno durerà a lungo, forse decenni, e richiederà una gestione politica meno improvvisata e più informata di quella che si è visto finora. Soprattutto su due punti: il lavoro e la sicurezza. "Non è vero che gli immigrati tolgono lavoro agli italiani",
afferma la ricerca di Cacace. "Senza i 3 milioni di lavoratori stranieri, andrebbero in crisi interi settori, dall'agricoltura all'allevamento, con quasi 200 mila lavoratori; alla pesca, specie d'altura, con 10 mila stranieri; alle costruzioni, con almeno 300 mila edili; all'industria manifatturiera pesante (fonderie, concerie, carni) con più di 300 mila stranieri; al commercio, alberghi, pizzerie e ristoranti con almeno 500 mila stranieri; alla sanità con altri 30 mila; ai trasporti con quasi 100 mila stranieri, fino ai lavori domestici con quasi due milioni". Quando propone una nuova politica europea dell'accoglienza, la Merkel sta seguendo quanto fece a suo tempo Helmut Kohl, che al Bundestag dichiarò: "Se domani tutti gli stranieri partissero, la Germania si fermerebbe, dagli ospedali alle fabbriche, dagli alberghi alla nettezza urbana". L'episodio per Cacace è un monito alla sinistra di governo italiana, che riesce solo balbettare di fronte alle sparate xenofobe di Salvini e Grillo, mentre sarebbe suo compito "spiegare alla gente che con la disoccupazione e la pesante crisi in atto, gli immigrati non c'entrano neanche un poco. Se partissero, interi settori fallirebbero e molti italiani perderebbero il loro lavoro". Il sentimento popolare che prevale è la paura, alimentata dai talk show, dove leghisti e grillini fanno a gara nel dipingere un clima di insicurezza. Cacace sferza la pochezza culturale della sinistra di governo, incapace di repliche convincenti. "La percezione di insicurezza è superiore all'insicurezza reale", sostiene la ricerca. E così in Italia, in altri paesi europei e perfino negli Usa. Una ricerca Ocse ha documentato che "nei paesi a più alta disoccupazione la xenofobia schizza al 30% laddove esiste un partito populista di destra, in Italia, Francia, Austria, Norvegia, Olanda e Gran Bretagna". La stessa ricerca Ocse precisa: "Se si prendono in esame i dieci paesi in cui esiste un partito populista, si nota come al crescere della disoccupazione, aumenti di molto il sentimento anti-straniero. Il rischio per le società occidentali è rappresentato da una saldatura tra settori della popolazione in crisi e messaggi xenofobi e falsi dei partiti populisti". Un rischio che coinvolge un numero sempre maggiore di paesi europei, Italia compresa. E per venirne a capo tocca sperare nella Merkel.
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