BISOGNA RIMETTERE LA PACE AL CENTRO DELL'AGENDA POLITICA
di Etienne Balibar
Il Manifesto, 17 novembre 2015
In questa guerra nomade, indefinita, polimorfa, dissimmetrica, le popolazioni delle "due sponde" del Mediterraneo diventano ostaggi. Sì, siamo in guerra. O meglio, siamo ormai tutti dentro la guerra. Colpiamo e ci colpiscono. Dopo altri, e purtroppo prevedibilmente prima di altri, paghiamo il prezzo e portiamo il lutto. Ogni persona morta, certo, è insostituibile. Ma di quale guerra si tratta?
Non è semplice definirla, perché è fatta di diversi tipi, stratificatisi con il tempo e che paiono ormai inestricabili. Guerre fra Stato e Stato (o meglio, pseudo-Stato, come "Daesh"). Guerre civili nazionali e transnazionali. Guerre fra "civiltà", o che comunque si ritengono tali. Guerre di interessi e di clientele imperialiste. Guerre di religione e settarie, o giustificate come tali. È la grande stasi del XXI secolo, che in futuro - ammesso che se ne esca vivi - sarà paragonata a modelli antichi, la Guerra del Peloponneso, la Guerra dei Trent'anni, o più recenti: la "guerra civile europea" fra il 1914 e il 1945.
Questa guerra, in parte provocata dagli interventi militari statunitensi in Medioriente, prima e dopo l'11 settembre 2001, si è intensificata con gli interventi successivi, ai quali partecipano ormai Russia e Francia, ciascun paese con i propri obiettivi. Ma le sue radici affondano anche nella feroce rivalità fra Stati che aspirano tutti all'egemonia regionale: Iran, Arabia saudita, Turchia, Egitto, e in un certo senso Israele - finora l'unica potenza nucleare.
In una violenta abreazione collettiva, la guerra precipita tutti i conti non saldati delle colonizzazioni e degli imperi: minoranze oppresse, frontiere tracciate arbitrariamente, risorse minerarie espropriate, zone di influenza oggetto di disputa, giganteschi contratti di fornitura di armamenti. La guerra cerca e trova all'occorrenza appoggi fra le popolazioni avverse.
Il peggio, forse, è che essa riattiva "odi teologici" millenari: gli scismi dell'Islam, lo scontro fra i monoteismi e i loro succedanei laici. Nessuna guerra di religione, diciamolo chiaramente, ha le sue cause nella religione stessa: c'è sempre un "substrato" di oppressioni, conflitti di potere, strategie economiche. E ricchezze troppo grandi, e troppo grandi miserie. Ma quando il "codice" della religione (o della "contro-religione") se ne appropria, la crudeltà può eccedere ogni limite, perché il nemico diventa anatema. Sono nati mostri di barbarie, che si rafforzano con la follia della loro stessa violenza - come Daesh con le decapitazioni, gli stupri delle donne ridotte in schiavitù, le distruzioni di tesori culturali dell'umanità
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