ERITREA: 400MILA PERSONE IN FUGA DA AFEWERKI, IL DITTATORE AMICO DELL'UE
di Roberto Lessio e Marco Omizzolo
Il manifesto, 13 novembre 2015
Un eritreo su sei ha lasciato il paese per sfuggire al regime. Che piace all'Europa e all'Italia.
Delle 368 persone che morirono nella strage di Lampedusa il 3 ottobre di due anni fa, 360 erano eritrei, gli altri 8 erano etiopi. Da quella strage, sotto la spinta dell'indignazione popolare, partì l'operazione Mare Nostrum che porterà agli attuali accordi europei. In tanti però non vollero indagare le ragioni per cui quelle persone fuggivano da quella zona del continente africano.
Tra questi c'è il governo Renzi, che nell'estate dello scorso anno inviò l'allora viceministro degli Affari Esteri Lapo Pistelli (oggi vicepresidente senior dell'Eni) in Eritrea per "favorire il reinserimento nella comunità internazionale".
Il risultato è che oltre il 25 per cento dei richiedenti asilo arrivati in Italia nei primi nove mesi del 2015 proviene da questo paese. Rispetto al 2014 si registra un incremento di quasi 3 punti, mentre le stime di varie organizzazioni (Unhcr e Oim in primis) parlano di una media di almeno 5 mila fughe al mese. Un'odissea che ha pochi eguali al mondo, legata alle condizioni in cui gli eritrei sono costretti a vivere, servi di un regime dittatoriale.
Il dittatore è Isaias Afewerki: colui che ha dato ordine di sparare a vista contro chiunque tenti di varcare la frontiera per emigrare. Sinora quasi 400 mila eritrei su una popolazione che non arriva a sei milioni ha preferito sfidare il deserto, i trafficanti di uomini e di organi, le violenze, i ricatti delle organizzazioni criminali e il rischio di morire affogati in mare piuttosto che continuare a vivere in quell'inferno. Se ai 400 mila profughi aggiungiamo quelli della prima diaspora, si scopre che vive all'estero un eritreo su sei. Il paese sta perdendo intere generazioni, come ha denunciato anche la coraggiosa lettera pastorale firmata da tutti i vescovi in Eritrea in occasione della Pasqua 2014. È una sorta di lenta condanna a morte causata da una specie di omicidio-suicidio.
Come cerca di evidenziare il saggio di Emilio Drudi "Ciò che mi spezza il cuore", pubblicato nel volume "Migranti e Territori" (Ediesse, 2015), i responsabili di questa tragedia sono in parte gli stessi esponenti della nuova classe dirigente uscita dalla guerra di liberazione vinta nel 1991 contro l'Etiopia e che, con la proclamazione ufficiale dell'indipendenza nel 1993, aveva generato speranze per l'intero continente africano.
Il recente rapporto della Commissione Onu del 2015 sui diritti umani non lascia spazio a dubbi. Il paese vive sotto un regime di terrore, violenza e violazione costante dei diritti umani caratterizzato da arresti illegali,
segue >1|2
Login
Webmaster CGIL Lombardia: Via Palmanova 22 - 20132 Milano | e-mail: cgil_lombardia@cgil.lombardia.it | telefono 39 02 262541 | fax 39 02 2480944 | CGIL LOMBARDIA Codice Fiscale : 94554190150 Web Privacy Policy e Cookies