I PROFUGHI SONO GIÀ CITTADINI EUROPEI
Venerdì 24/04/2015
dal: Il manifesto
Guido Viale
UNA RISORSA DEMOCRATICA
I profughi sono già cittadini europei
Europa va ricostruita dalle fondamenta, a partire dalla ridefinizione dei suoi confini.
L'Europa che c'è ora si sta sfaldando perché incapace di fronteggiare le tre sfide che i suoi popoli devono affrontare: la sfida ambientale; quella economica; e quella dei profughi.
Profughi, non migranti; gente che preme ai confini dell'Europa noh alla ricerca di una «vita migliore», come negli scorsi decenni, ma per sfuggire a guerre, stragi, morte per fame e schiavitù.
Tre crisi interconnesse che richiedono uno sguardo alto sugli orizzonti, senza il quale vien meno ogni ragione di sovrapporre un’ entità regionale come l'Europa a quelle di Stati nazionali ormai palesemente inadeguati. Eppure, nel dibattito politico il tema della crisi ambientale è ormai affondato, sommerso dalle preoccupazioni finanziarie; l'economia, che dovrebbe essere scienza del ben amministrare la casa comune, si è ridotta a una misera partita doppia del dare e del prendere, dove prendere, per chi ha il bastone del comando, ha preso di gran lunga il sopravvento sul dare. La questione dei profughi, finora considerata marginale (quasi un incidente di percorso) è la più grave e urgente, perché riassume in sé tutte le altre; ma ridisegnerà i confini dell'Europa e le sue fondamenta.
Una classe dominante tirchia e vorace cerca di eludere i problemi posti dalla crisi ambientale globale, dall' “emergenza profughi", dalle violazioni quotidiane della dignità umana subite da chi è senza reddito, senza lavoro, senza casa, senza cure, senza famiglia o affetti, senza futuro: «non ci sono i soldi», «non c'è più posto», «non ci riguardano». Sembra quasi che il crollo di Stati e il caos di intere regioni, il protrarsi endemico di conflitti insostenibili, o le stesse guerre guerreggiate ai suoi bordi - a cui a volte l'Europa prende parte, a volte assiste ignava non la riguardino. Mentre la stanno trascinando nell'abisso. Un abisso dove si intravedono già le prime avvisaglie - ma se ne ascoltano ormai ad alta voce gli incitamenti - di una politica di sterminio.
Che differenza c'è, infatti, se non in peggio, come ha fatto notare Erri De Luca, tra le navi negriere di secoli trascorsi e le carrette del mare che trascinano a fondo i profughi costretti a salirvi? O, come ha fatto notare Gad Lemer, tra i treni piombati che portavano gli ebrei ad Auschwitz, per trasferirli subito nelle camere a gas, e le stive dei barconi dentro cui i profughi, chiusi a chiave, sprofondano in fondo al mare senza nemmeno vedere la luce del sole?
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