LA CLANDESTINITÀ È ANCORA UN REATO
LEFT martedì 03/11/2015
Sono passati 18 mesi da quando il governo ha ricevuto la delega per depenalizzare il reato di ingresso e soggiorno clandestino. La scadenza si avvicina e la situazione per i migranti peggiora
di Stefano Catone
Si tratta di un ritardo preoccupante che ha causato e continua a causare un aggravio della situazione di vulnerabilità in cui versano numerosi migranti», spiega Chiara Carri, ricercatrice e policy officer di Amnesty International. È questa la conseguenza, secondo la dottoressa Garri, del mancato esercizio da parte del governo delle deleghe relative alla depenalizzazione del reato di ingresso e soggiorno clandestino, deleghe previste dalla legge n. 67 dell'aprile 2014. Nei diciotto mesi che sono passati da allora nulla è stato fatto, configurando una situazione di incertezza giuridica, dato che alla volontà legislativa espressa dal Parlamento non è seguita l'azione concreta del Governo. Un vero e proprio limbo che ha comportato e continua a comportare ripercussioni di fatto indebite, oltre che sul lavoro delle Procure, sulle vite di numerosi migranti.
La storia del reato di ingresso e soggiorno legale, meglio conosciuto come "reato di immigrazione clandestina", comincia nell'agosto del 2009, quando il governo Berlusconi ha introdotto nell'ordinamento italiano tali fattispecie, prevedendo per esse l'obbligatorietà dell'azione penale. «Si tratta di un reato inutile, una presa in giro», spiega l'avvocato Guido Savio, dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi): «hr teoria, per ciascun immigrato entrato illegalmente sul territorio italiano bisognerebbe spendere soldi per inviare le notifiche e concludere un processo, al termine del quale non viene recuperato nemmeno un centesimo, tanto che da un po' di tempo a questa parte in molti uffici giudiziari non viene più fatto alcun procedimento. Una depenalizzazione di fatto: è solo carta che gira». La depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina è stata però anche votata dal Parlamento, come detto, nell'aprile del 2014.
Con l'approvazione della legge 6712014 si delegava al governo il compito di emanare un decreto legislativo che depenalizzasse l'ingresso e il soggiorno irregolare, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge stessa (il termine scadrà a metà novembre). Al voto del Parlamento, però, non è ancora seguita alcuna iniziativa del governo, nonostante il ministro Orlando abbia dichiarato, durante un'audizione al Senato lo scorso luglio, che «l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina non solo comporterà un risparmio di risorse giudiziarie e amministrative, ma produrrà effetti positivi per l'efficacia delle indagini in materia di traffico di rnigranti e favoreggiamento all'immigrazione clandestina». Orlando, nella stessa occasione, dichiarava l'oramai imminente approvazione del decreto. A oggi di quest'ultimo non c'è traccia, con buona pace del lavoro delle Procure e soprattutto dei migranti, costretti a una situazione di incertezza legislativa, determinata dalla discrepanza tra voto parlamentare e azione del governo. «Il governo - prosegue Chiara Garri - ci ha recentemente assicurato che l'approvazione del provvedimento è alla fase finale. Ciò non cancella uri ritardo grave e non senza conseguenze: questi diciotto mesi di ritardo - con la speranza che tutto si concluda per il verso giusto - hanno comportato e continuano a comportare uri aggravio della situazione di vulnerabilità in cui versano numerosi migranti e un pregiudizio grave al loro diritto di accesso alla giustizia e alla tutela in caso di violazione dei loro diritti. Questo problema si manifesta con tutti i suoi paradossi nei casi in cui il migrante è vittima di sfruttamento ma contestualmente è anche considerato un criminale perché irregolarmente presente sul territorio». È questo il caso, ad esempio, dei reati legati al mondo del caporalato, fenomeno di cui si è parlato molto a fine agosto, soprattutto per le drammatiche notizie riportate dai media: «La depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina - spiega Garri - è fortemente necessaria in questo campo: la denuncia del caporale è subordinata al recarsi in un commissariato,
e un migrante che si trova in una posizione irregolare ovviamente troverà molte più difficoltà nell'esercitare questo sito diritto». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Marco Omizzolo, sociologo e responsabile scientifico dell'associazione In Migrazione, il quale conferma: «Sono moltissimi i casi di lavoratori irregolari che non riescono a sporgere denuncia contro trafficanti, caporali o sfruttatori perché la loro condizione giuridica viene considerata prevalente, mentre, al contrario, la norma prevede che possano sporgere denuncia senza problemi, e anzi per questo anche premiati>.
Questi diciotto mesi di incertezza giuridica hanno avuto ripercussioni anche sul lavoro delle procure, come spiega l'avvocato Luca Mario Masera, anch'egli membro dell'Asgi e docente presso l'Università di Brescia: «Si tratta di un reato irrisorio da un punto di vista sanzionatorio, che non comporta alcun effetto concreto, via che crea numerose complicazioni alla macchina giudiziaria». La sua abolizione «libererebbe gli uffici dei giudici di pace da un contenzioso senza senso e renderebbe anche più facili le indagini contro gli scafisti. Finché questo reato è in vigore - prosegue Masera - le vittime degli scafisti sono anch'esse persone che andrebbero indagate per il reato di ingresso regolare; ciò comporta una serie di difficoltà tecniche, banalmente perché per interrogare un soggetto indagato per un reato connesso è necessario seguire procedure più lente e farraginose». Di conseguenza, oltre che ingolfare i giudici di pace, il reato di immigrazione clandestina «comporta difficoltà anche sul funzionamento della procura che indaga su reati ben più seri, dal favoreggiamento dell'immigrazione clandestina alla tratta di esseri umani».
Il ritardo nell'esercizio con la delega - su questo concordano tutti i nostri interlocutori - ha una natura essenzialmente politica, legato alla difficoltà di affrontare una questione che può incidere notevolmente sul consenso e sulla stabilità del governo. Le settimane passano e la scadenza della delega si avvicina. (L)