UNA BELLA RIMPATRIATA
di Tommaso Di Francesco
Il Manifesto, 17 giugno 2015
L'Unione europea prepara rimpatri e muri, l'Italia si accoda e mostra il pugno duro. Vergogna di Ventimiglia e ideologia dell'esclusione.
Le scene al confine di Ventimiglia con la polizia italiana scatenata contro i migranti rincorsi fin sugli scogli, è un'estate al mare difficilmente dimenticabile quanto a vergogna del Bel paese e odiosità. Il ministro Alfano, con la coda fra le gambe di fronte alla protervia dei ministri degli interni europei, l'ha perfino rivendicata in pieno dal vertice di Lussemburgo. Come a dire: guardate che anche noi siamo capaci di essere forti con i deboli e di respingere con la violenza i migranti. In più coniando - copiando da film - la parola hot spot, per la necessità dichiarata di avere a disposizione "siti" necessari per la verifica dei possibili rimpatri. "L'efficacia del sistema - ha detto Alfano - dipende da come si gestiscono gli 'hot spot', centri d'identificazione in cui separare i rifugiati da chi emigra per ragioni economiche, che va rimpatriato. se gli hot spot non funzionano, salta il sistema".
Eccola l'Europa unita, l'area economica più ricca della terra, ecco l'Italia che si fa "protagonista": dal prezioso soccorso ai disperati sui barconi di Mare Nostrum siamo passati, sotto l'incubo delle varie elezioni interne, alla missione Triton di blocco e respingimento (solo perché è sotto le telecamere di mezzo mondo, che vengono aiutati, sbarcati e avviati nei centri d'accoglienza dai quali saranno respinti), per annunciare una impossibile - per ora - guerra in Libia; poi da Triton siamo precipitati alle quote, rifiutate da tutta l'Unione nonostante l'esiguità (solo 40mila profughi da ripartire tra 28 Paesi); adesso dalle quote approdiamo ai rimpatri, anche violenti, dei cosiddetti profughi economici.
Perché si può fuggire dalle guerre - almeno a chiacchiere - per sottoporsi poi alla verifica infernale del diritto d'asilo sì diritto d'asilo no, ma dalla miseria e dai disastri economici è vietato fuggire. Impossibile abbandonare le diseguaglianze di accesso ai beni che la nostra economia occidentale ha creato in Africa.
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