CITTADINANZA: I PERICOLI DELLO “IUS CULTURAE”
www.cronachediordinariorazzismo.org 03/11/2015
di Fiorella Farinelli
Mettiamo che Abdul, seienne pakistano nato in Italia, in una scuola dell’infanzia non ci abbia mai messo piede. Impossibile ? Niente affatto, è così per il 25% circa dei figli di genitori stranieri ( contro il 3% degli italiani ), e per tanti motivi. Perché la materna non è scuola dell’obbligo, perché in certe zone non c’è proprio, perché le scuole pubbliche non bastano e certe private costano troppo, perché il non coordinamento tra scuole comunali, statali, private, a tempo pieno e a metà tempo, con o senza tariffe, disorienta i meno esperti. E poi si sa che per alcune culture la scuola a 3 anni è troppo presto ( era così anche per noi, 40 anni fa, e sono almeno 20 che si discute se le materne debbano o no far parte dell’obbligo scolastico ). Così quando Abdul arriva in prima elementare il suo italiano è di sicuro poca cosa. A casa sua si parla solo urdu e quello che ha imparato al parco e per strada è appena un po’ di più di quello dei “neoarrivati”, i ragazzi che sei mesi fa erano all’altro capo del mondo e oggi si ritrovano smarriti in una scuola italiana. Se Abdul capita in una scuola “esperta” che sa fare bene quello che serve, il problema non è insormontabile, basta un grappoletto di mesi con i coetanei – italiani e bilingue – per correre insieme. Ma ci sono storie diverse. Il 15% dei bambini stranieri, anche tra i nati da noi, è in “ritardo scolastico” fin dalla elementare ( diventerà, quel ritardo, più del 30% nella scuola media e oltre il 60% nella superiore ). A 7 anni in ritardo sono il 7,4%, a 10 anni il 19%. Ci sono infatti scuole in cui si decide, s’intende a fin di bene, che quelli come Abdul è meglio che ripetano una classe, qualche volta anche due, perché l’italiano non è abbastanza buono per passare alla classe successiva. E non importa se Abdul ha voglia di imparare, se è bravo a disegnare e a suonare il flauto, se coi numeri se la cava alla grande e pure con lo smartphone, se le regole del calcetto anche per lui non hanno più segreti. E neppure se quella bocciatura, quel cambiamento di classe e di compagni, lascerà qualche ferita.
Fin qui è una storia,
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