DAVANTI ALLE DONNE E AGLI UOMINI RIFUGIATI FERMIAMOCI AD ASCOLTARE LORO STORIA
la Repubblica Firenze 27/11/15
Poco fa un amico al telefono, commentando alcune considerazioni sui rifugiati, mi ha detto: «Il miglior antidoto alla paura è l'ascolto; solo conoscendo le storie dei rifugiati si possono contrastare la paura e la diffidenza». E vero. Ascoltando le storie di chi è costretto a fuggire ci sentiremmo più vicini a tutti quegli esseri umani che in troppi casi sui media vengono declassati a numeri, o spesso - purtroppo - contati come cadaveri. Non ho la pretesa di mettere ordine nel magma di informazione che ci ha travolto nelle ultime due settimane. Posso però offrire uno spunto per allargare i confini di una riflessione. . Si dovrebbe innanzitutto coltivare curiosità verso la vita dei rifugiati, uscire dalla gabbia del «perché non restano a casa loro?» e provare a entrare in contatto con le loro vicende con la stessa empatia che abbiamo avuto nei confronti dei nostri nonni quando ci raccontavano della guerra, degli sfollamenti e delle fucilazioni. Tentare uno sguardo da un'altra prospettiva, mettere l'essere umano davanti a tutto, vedere la persona, nutrire quella curiosità di apprendimento e di scambio che attiviamo normalmente quando siamo al bar o al lavoro. Ci aiuterebbe ad abbassare quel senso di tensione e di paura verso chi arriva da certe parti di mondo e considerare anche le condizioni degli altri esseri umani che ci circondano. E, soprattutto, ci insegnerebbe il significato delle parole coraggio e speranza. Perché questo è quello che ho imparato dai rifugiati; che ci sono milioni di persone al mondo che difendono la loro libertà di pensiero, di sesso, di religione con tantissimo coraggio fino a mettere in pericolo la loro vita; e che non perdono mai la speranza di continuare a dare un senso alla loro vita, siano essi in carcere, in mezzo a un deserto o alla deriva in mezzo al mare.
Tommaso Rosa - consulente U N HCR
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